martedì, gennaio 08, 2008
La "visione perspicua"
La visione perspicua (di cui parlavo nel precedente post) è anche un rammemorare, un risalire a quelle condizioni che si danno nei fenomeni stessi, e lo sguardo, il guardare attraverso, è la capacità di cogliere le molteplici possibilità dei fenomeni che stanno nei fenomeni. Dobbiamo risalire fino a queste possibilità, e risalire alle possibilità significa risalire alle condizioni precedenti rispetto al condizionato. In questa risalita verso le condizioni precedenti si esercita la nostra capacità rammemorativa.
Paul Klee: "le forme e i colori ci suggeriscono qualcos'altro, un "prima", la "preistoria del visibile", cioè quelle possibilità che si potevano dare ma che non tutte e non completamente si sono date, quelle che Klee chiama "i morti e i non nati", il mondo intermedio.
E' grazie al ricorso a queste possibilità che quelle forme, quelle linee e quei colori ci suggeriscono cose sempre nuove e diverse. Lo stesso artista si lascia guidare dalle linee, perché sono le linee stesse che ci suggeriscono immagini sempre nuove e diverse, possibilità sempre diverse. Nelle linee troviamo "occulte visioni" e il procedimento artistico è quello di far emergere, di portare in superficie l'occulto. Ma come manifestare questo occulto se non grazie e attraverso le linee e i colori?
Grazie alle linee qualcosa di occulto si manifesta, ma nel momento in cui la linea è tracciata e qualcosa comincia ad emergere, in parte emerge e in parte - necessariamente - deve rimanere nascosto.
"L'arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile" (Paul Klee)
Lo sguardo penetrante dell'artista deve penetrare il visibile attingendo dal non visibile e riportando l'invisibile in superficie, nel visibile stesso: come se in quelle linee si facesse il percorso da ciò che è nascosto a ciò che è visibile.
Paul Klee quando era un giovane gli capitò di poggiare la testa su un tavolo di marmo, uno di quei tavoli segnati dall'usura e dal tempo, rigato e graffiato. Un giorno, osservando le linee, i segni sul tavolo, improvvisamente cominciarono a formarsi delle figure, delle forme. Le immagini che avevano luogo in quelle linee erano li, proprio in quelle linee, erano le occulte visioni che stavano emergendo e che avevano bisogno della visione perspicua per emergere.
Le linee mettono in moto una serie di rapporti tra ciò che appare, ciò che è visibile e ciò che non appare, qualcosa di invisibile, richiamano alla memoria qualcosa.
Wittgenstein: "l'immagine mi dice se stessa" ovvero mi dice le sue linee e i suoi colori perché soltanto dicendomi le linee e i colori, quelle linee e quei colori, l'immagine mi da una indefinita serie di rappresentazioni sempre nuove e diverse e che tuttavia hanno con le precedenti dei rapporti di somiglianza e dissimiglianza.
Perché torniamo a rileggere le poesie già lette? Per il motivo suddetto.
Quelle linee e quei colori che noi cogliamo in maniera "neutra", prima di passare da un'interpretazione a un'altra, costituiscono un non-senso, un non-senso che si va a caricare, a riempire di senso di volta in volta.
Ricerche Filosofiche, parte seconda, XI, immagine lepre/anatra: la lepre/anatra io la vedo o come lepre o come anatra e tuttavia mi rendo conto che è la stessa configurazione di linee a dare origine una volta alla lepre e un'altra all'anatra.
Ma come dirla questa "stessa configurazione"?
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