mercoledì, gennaio 09, 2008

Wittgenstein, Ricerche Filosofiche, I

Il primo paragrafo delle ricerche si apre con una frase di Sant'Agostino che riporto tradotta in italiano:"Quando [gli adulti] nominavano qualche oggetto, e, proferendo quella voce, facevano un gesto verso qualcosa, li osservavo, e ritenevo che la cosa si chiamasse con il nome che proferivano quando volevano indicarla. Che intendessero ciò era reso manifesto dai gesti del corpo, linguaggio naturale di ogni gente: dall'espressione del volto e dal cenno degli occhi, dalle movenze del corpo e dall'accento della voce, che indica emozioni che proviamo quando ricerchiamo, possediamo, rigettiamo o fuggiamo le cose. Così, udendo spesso le stesse parole ricorrere, al posto appropriato, in proposizioni differenti, mi rendevo conto, poco a poco, di quali cose esse fossero i segni, e, avendo insegnato alla lingua a pronunziarle, esprimevo ormai con esse la mia volontà"
Continua Wittgenstein:
In queste parole troviamo, così mi sembra, una determinata immagine della natura del linguaggio umano. E precisamente questa: Le parole del linguaggio denominano oggetti - le proposizioni sono connessioni di tali denominazioni. - In quest'immagine troviamo le radici dell'idea: Ogni parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola. E' l'oggetto per il quale la parola sta.

Wittgenstein apre quindi le sue ricerche parlando del linguaggio ostensivo, denotativo, quello della logica, quello di cui ha parlato anche lui nel Tractatus.

Ma subito dopo viene al punto, al problema che si incontra se pensiamo di usare questo linguaggio o meglio, se per noi questa è la concezione del linguaggio.

[...]

Pensa ora a quest'impiego del linguaggio: Mando uno a far la spesa. Gli do un biglietto su cui stanno i segni: "cinque mele rosse".
Quello porta il biglietto al fruttivendolo; questi apre il cassetto su cui c'è il segno "mele"; quindi cerca in una tabella la parola "rosso" e trova, in corrispondenza ad essa, un campione di colore; poi recita la successione dei numeri cardinali - supponiamo che la sappia a memoria - fino alla parola "cinque" e ad ogni numero tira fuori dal cassetto una mela che ha il colore del campione. - Così, o pressapoco così, si opera con le parole. - Ma come fa a sapere dove e come cercare la parola "rosso" e che cosa deve fare con la parola "cinque" [...] Ma che cos'è il significato della parola "cinque"? - "Qui non si faceva parola di un tale significato; ma solo del modo in cui si usa la parola "cinque"

Eccolo il punto. Con un solo esempio Wittegenstein demolisce la concezione denotativa del linguaggio. A parte la situazione buffa narrata, il problema è che il fruttivendolo deve sapere cosa fare con ciascuna delle parole scritte sul foglio. Deve sapere che "cinque" è un numero e che deve contare; deve sapere che "mele" è il frutto cercato e che "rosse" si riferisce al colore. E' evidente che la concezione denotativa, ovvero usare delle etichette da attaccare alle cose non basta, da sola non può funzionare. Il fruttivendolo deve sapere qualcosa prima di essere in grado di comprendere quelle parole. Deve saperle usare. Ecco perché Wittgenstein conclude il primo paragrafo dicendo: "Qui non si faceva parola di un tale significato; ma solo del modo in cui si usa la parola "cinque".

Nei prossimi paragrafi ci saranno esempi che aiuteranno a chiarire quanto espresso e ad introdurre uno dei temi fondamentali delle ricerche: i giuochi linguistici

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