lunedì, marzo 06, 2006

Parmenide e la scuola eleatica

Di Parmenide sono stati trasmessi circa 160 versi di un poema intitolato “Sulla Natura”, in cui immagina di compiere un viaggio che lo porta al cospetto di una dea, la quale gli rivela un programma completo del sapere, in tutti i campi.

Per Parmenide la realtà va intesa come un tutto omogeneo, uno, eterno e continuo, all'interno della quale hanno senso i molteplici fenomeni (intuizione degli ionici).

TO EON (ciò che è): non può nascere né perire, non ha passato né futuro, perché è, esiste nel senso più pieno della parola e al di fuori di esso non c'è né è possibile null'altro; ciò che è la realtà intesa nella sua totalità.

Parmenide deduce e dimostra tutta la serie di sêmata (segni), cioè delle caratteristiche di ciò che è: esso è ingenerato, indistruttibile, esente da mutamento e fuori del tempo, omogeneo, uno, continuo e indivisibile. Questo tutto è simile a una sfera. All'interno di questo tutto di sono tutti i fenomeni particolari (TA EONTA), con sêmata completamente diversi, la serie di tutto ciò che nasce e muore. Secondo Parmenide l'uomo deve usare un metodo diverso nel costruire il discorso a seconda che parli di TO EON o TA EONTA. I sêmata infatti non possono essere confusi: nascita e morte sono incomprensibili se si parla di ciò che è; il tempo, che non può essere applicato a ciò che è, è invece la sola misura possibile per le cose che sono. In questa visione è chiara l'importanza di TO EON: ciò che conta è ciò che è e non i fuggevoli fenomeni particolari. Parmenide ha parole molto dure nei confronti di coloro che non sanno operare distinzione fra i due metodi menzionati chiamandoli “uomini sordi e ciechi, storditi, gente che non sa giudicare”. Critica anche coloro che non sanno trarre un senso dalle proprie esperienze perdendosi nella molteplicità senza riuscire a vedere il legame necessario che le unisce. In questo consiste il valore scientifico, filosofico e metodologico della posizione di Parmenide, nella convinzione cioè che la legge con la quale il pensiero opera nel costruire la sua organizzazione delle esperienze è la stessa legge che opera nella realtà. Non solo quindi non c'è frattura tra ragione e sensibilità, ma il pensiero costituisce la coscienza del corpo, e cioè non solo la possibilità di conoscere se stessi, ma anche la possibilità – data la fondamentale omogeneità dell'uomo con la natura – di conoscere il mondo tutto.

Melisso di Samo

Per Melisso la natura è un uno-tutto, omogeneo e continuo; se però secondo Parmenide il tutto è al di fuori del tempo, secondo Melisso al contrario il tutto si identifica con il tempo eterno, senza fine. Ne deriva dunque che il tutto è infinito.

TO EON = ciò che era e sarà -> durata infinita nel tempo

Zenone di Elea

Venne definito dagli antichi l'inventore della dialettica, cioè dell'arte del discutere e della confutazione per assurdo. I suoi discorsi erano basati sulla filosofia parmenidea.

Partendo da una tesi A sostenuta da un filosofo deduce due conclusioni, una necessariamente vera e una necessariamente falsa dimostrando la contraddittorietà della tesi sostenuta.

Zenone concepisce il tempo e lo spazio come entità discrete e divisibili infinitamente (solo in tale ottica sono comprensibili i suoi paradossi). I suoi avversari sono tutti coloro che volevano difendere la dicibilità, la conoscibilità e realtà della molteplicità e del movimento.

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