L'emancipazione politica è stato un enorme passo in avanti nella storia dell'umanità. Dopo la rivoluzione francese, nelle società borghesi le differenze sociali non assumono più valenza politica: è stata creata una sfera giuridico-politica nella quale tutti sono uguali. Nelle antiche società feudali infatti, le differenze sociali avevano effetto immediato anche nella politica; l'accesso alla politica era riservato solamente ai nobili e ai ricchi. Con la rivoluzione francese viene spazzato via questo passato e con esso il sistema delle caste.
Nasce il concetto di RES PUBBLICA, cosa pubblica, una sfera comune nella quale tutti partecipano e tutti sono uguali. Marx rileva che questo è un aspetto dell'emancipazione politica decisamente positivo.
La sfera giuridico-politica è lo stato, in cui ciascuno partecipa in quanto cittadino, uomo appartenente ad una specie. Tuttavia, questa apparente uguaglianza è solo illusoria, astratta perché la realtà statuale presuppone la sfera economico-sociale, il sistema dei bisogni hegeliano, dove tutti sono diversi.
Marx sostiene che proprio a causa di questa divisione fra società civile e stato, benché lo stato sia laico, la religione persiste: la religione cristiana è caratterizzata da una scissione/dualismo tra cielo e terra; lo stesso dualismo che l'uomo si ritrova nella vita di tutti i giorni tra stato e società civile. Così gli uomini per concepirsi tutti uguali devono abbandonare la dimensione terrena(sfera economico-sociale, società civile) e innalzarsi al cielo (sfera giuridico-politica, stato) dove l'uomo può imporsi come uomo, come rappresentante della specie umana. Purtroppo l'innalzarsi al cielo non risolve la contraddizione di questo sistema che, pur dichiarando una sfera di uguaglianza per tutti gli uomini, continua a manterne come presupposto una sfera dove tutti sono disuguali. Fin quando persisterà la contraddizione l'uomo rimarrà determinato religiosamente e scisso nelle due figure di cittadino (stato) e borghese (società civile).
Marx riprende da Hegel il dualismo tra società civile e Stato, dualismo che Hegel risolve grazie alle corporazioni, qualcosa di simile alle nostre associazioni di categoria e, grazie ad esse, "la società civile trapassa nello Stato". Lo stesso Hegel aveva dato una caratterizzazione molto critica della società civile usando descrizioni come "il mondo dell'eticità perduta nei suoi due estremi" (gli estremi di cui parla sono il particolare - l'individuo - e l'universale - la società tutta), la "sfera della disgregazione", "sistema atomistico" e aveva anche individuato i diversi problemi strutturali delle società borghesi moderne: pauperismo, parcellizzazione del lavoro, sbilanci produttivi, alienazione dell'operaio.
Nella "Questione ebraica" Marx afferma che "la democrazia politica è cristiana" volendo ancora una volta sottolineare questa scissione in due sfere distinte e contrapposte della vita dell'uomo. La democrazia infatti ha senso solo nella sfera giuridico-politica e non ha alcun senso nella sfera economico-sociale dove, necessariamente tutti sono diversi. In tal modo l'uomo è ALIENATO, è scisso, vive in una società che non riesce più a dominare (qui giova ricordare i problemi strutturali della società civile evidenziati da Hegel).
Abbiamo detto che è stata la rivoluzione francese a spazzare giustamente via quello stato di cose, la società feudale, che ormai non aveva più senso di esistere. E ancora è stata proprio la rivoluzione francese a dare vita al nuovo stato di cose dove l'uomo è scisso in due sfere. La "summa" del pensiero illuminista del tempo e dei principi ispiratori della rivoluzione francese vengono sintetizzati nella "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino".
Già qui viene messa in evidenza la scissione tra uomo, l'uomo terreno che vive nella società civile, il terreno delle differenze sociali, e il cittadino ovvero l'uomo che vive nella sfera statuale, la sfera dell'uguaglianza.
Marx ritrova le stesse contraddizioni nei principi base elencati da questa carta (che sarà la base di molte delle costituzioni democratiche occidentali).
Recita l'articolo 4: "La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l'esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di quegli stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla Legge". Sembra la definizione liberale kantiana, quella socievole insocievolezza in cui ognuno può perseguire la propria felicità come meglio crede. E' evidentemente una definizione basata sull'individuo, sull'egoismo individuale e non sulla comunità.
Marx al contrario auspica una concezione solidaristica della libertà, una concezione fondata sulla comunità e non sull'egoismo individuale.
Recita ancora un altro articolo : "Il diritto di proprietà è quello che appartiene ad ogni cittadino di godere e disporre a suo piacimento dei suoi beni, delle sue rendite, del frutto del suo lavoro e della sua operosità". Questo diritto è per Marx un diritto di godere arbitrariamente ed egoisticamente, un diritto, attraverso il quale ogni uomo vede nell'altro uomo soltanto il limite ai propri godimenti, un ostacolo ai propri godimenti e alla propria libertà.
Anche la definizione di "sicurezza" non fa eccezione a queste critiche: "La sicurezza consiste nella protezione accordata dalla società ad ognuno dei suoi membri per la conservazione della sua persona, dei suoi diritti e delle sue proprietà".
E' evidente che l'uguaglianza proclamata non può che essere astratta fondandosi su una reale disuguaglianza sociale. E' necessario, secondo Marx, che all'emancipazione politica ottenuta grazie alla rivoluzione borghese segua una emancipazione sociale: le due sfere contrapposte (società civile-stato) devono essere riunificate non più in funzione dell'individuo, ma in funzione della specie umana, della totalità degli uomini.
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