Dalle riflessioni di Wittgenstein si evince la problematicità del rapporto fra la regola e le sue applicazioni.
Per seguire una regola R, un parlante P deve entrare in uno stato particolare, espresso da asserti “P conosce la regola R” oppure “P ha afferrato la regola R”.
Secondo la concezione della determinazione completa l'essere entrati in uno degli stati suddetti determina in anticipo correttezza, scorrettezza o irrilevanza rispetto alla regola di tutti i possibili atti futuri del parlante P. Come scrive Wittgenstein “in luogo della regola potremmo rappresentarci binari [...] infinitamente lunghi” (Wittgenstein, RF, §§ 218-9).
Secondo questa tesi, il fatto di afferrare la regola contiene in sé tutte le applicazioni. Un fatto simile, di determinare in anticipo correttezza e scorrettezza di un'infinità potenziale di atti non compiuti è per Wittgenstein un “superfatto”. In tale situazione afferrare la regola non causa di applicazioni corrette per almeno due motivi:
il parlante P può benissimo afferrare la regola e poi commettere errori; il comportamento di P è in fondo irrilevante, poiché l'applicazione corretta è predeterminata indipendentemente da esso
la relazione tra superfatto e singole applicazioni non è una relazione contingente: fa parte dell'essenza della regola l'avere quelle applicazioni. E' come una macchina super-rigida che ha in sé tutti i possibili movimenti.
Saul Kripke interpreta le considerazioni wittgensteiniane come tese a negare che vi sia un superfatto e, quindi, a confutare la concezione della determinazione completa. Se non vuole assumerne dogmaticamente l'esistenza, il fautore di questa tesi deve spiegare in cosa consistono i superfatti. A tal fine deve proporre fatti di genere non problematico affermando che quelli sono superfatti.
Quali che siano le proposte risultano inadeguate: il paradosso di W. è che “una regola non può determinare alcun modo di agire, poiché qualsiasi modo d'agire può essere messo d'accordo con la regola” (Wittgenstein, RF, §201).
John McDowell critica l'interpretazione di Kripke. Secondo McDowell, lo scopo di W, è solo di mostrare “che v'è un modo di afferrare una regola che non è un'interpretazione” (Wittgenstein, RF, §201). Tale modo è esemplificato da casi che W. illustra dicendo: “Quando ho esaurito le giustificazioni, arrivo allo strato di roccia e la mia vanga si piega” (Wittgenstein, RF, §217). Sono casi primari, in cui agiamo “ciecamente” seguendo un'inclinazione primitiva condivisa dagli uomini. L'espressione wittgensteiniana “strato di roccia” allude proprio all'impossibilità per chi segue quella regola di darne giustificazioni. Sull'esistenza di tali casi molti concordano.
McDowell gli fa corrispondere anche l'impossibilità per il filosofo di spiegare cosa significhi seguire una regola. Il seguire una regola è a fondamento del nostro gioco linguistico. L'ostinazione a volerne cercare il fondamento è malattia filosofica.
Se non si condivide l'idea di McDowell si può trarre dalle considerazioni wittgensteiniane sul seguire una regola la conclusione che la determinazione completa sia insostenibile.
Una concezione alternativa è quella della plasticità pubblica della regola: la fonte di distinzione corretto-scorretto è data dal reciproco correggersi fra soggetti coinvolti. Da questo punto di vista il seguire una regola è possibile solo in un contesto in cui vi sia possibilità di controllo intersoggettivo.
W. dice che non si può seguire una regola “privatim” perché la nozione di correttezza esige che vi sia differenza fra ciò che è corretto e ciò che sembra corretto. La differenza non sussiste per un singolo se non in quanto un altro può correggerlo.
Insistere sul carattere pubblico dei criteri di correttezza non equivale ad affermare che, di fronte a un nuovo caso per il quale la regola sia rilevante, chi segue la regola debba consultare gli altri. Ciascuno, semplicemente “agisce così” seguendo un'inclinazione primitiva. Dalla consonanza fra le inclinazioni primitive dei singoli scaturisce un accordo nella forma di vita.
Il carattere plastico della regola è altrettanto importante: i giudizi comuni su correttezza o scorrettezza della regola sono atti primitivi che costituiscono la correttezza delle singole applicazioni e così costituiscono a poco a poco la regola stessa, le danno forma, la plasmano. Per questo la regola è plastica. Se alla plasticità pubblica della regola aggiungiamo l'idea che il significato di un'espressione E sia dato da regole per usare quell'espressione, otteniamo una concezione plastica del significato: il significato di E non è mai fissato completamente, ma continuamente plasmato dall'uso comune.
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